Alcune esemplificative quanto rappresentative parole che critici d'arte espressero sull'operato di Maria Grazia Bornigia…
“Maria Grazia Bornigia è un’artista laboriosa e appassionata della sua pittura, ma anche se producesse poco (il che non è) basterebbe rimescolare tutte le sue carte (gouaches, disegni, sculture in bronzo e terracotta) per giocare una diversa e vincente partita: sia perché la vitalità di M.G.B. si stagiona senza prender d’acido, sia perché le opere dipinte con convinzione ci guadagnano sempre ad essere vendute tempo dopo, si potrà dire a storicizzarsi; e, (se proprio il suo modo di andar per favola dentro giulivi colori da orchidee boscherecce non è da trans avanguardista, non è neppure da naif), queste artigiane preziosità fuori dalle avanguardie, a mano a mano che gli “ismi” si scontrano e inceneriscono, restano vitali, se ne dica tutto il male possibile.”
Marcello Venturoli
“Colori splendenti, violenti contrasti, poca costruzione, linee non premeditate, ma soggette alle mille forme della sensibilità, … la luce domina implacabile, senza compromessi; è così che M. G. Bornigia ci fa comunicare con un mondo che appartiene solamente a lei e di cui è l’unica a conoscerne le origini. Questo mondo, questo "cosmo" nel quale vive l'artista è bello ed affascinante perché infinitamente complesso. Un equilibrio continuamente instabile regna in questo strano universo donandogli un'abbondanza di vita e di poesia."
Raymond Darvier
“Come Federico Fellini ha fatto sfilare nel suo 81/2, al suono del flauto e del tamburo, tutti i fantasmi della sua giovinezza, Maria Grazia Bornigia presenta una folla di personaggi che nasce a Piazza Navona e sciama con le sue carnevalate fino alla baia di Rio e con i suoi Arlecchini fino alle rive del Neva. Le girandole si annodano e si snodano, e le danzatrici, i trapezzisti, i clowns e le belles de nuit di oggi si mischiano insensibilmente ai giullari e alla Befana dei tempi antichi.”
Anatole Jakovsky
“La conoscenza, per la Bornigia, passa attraverso il filtro necessario della “meraviglia” e da questa non intende distaccarsi. Il punto di vista della “meraviglia” è lo stesso dell’infanzia, un’infanzia ricca di tutti gli accorgimenti di uno sguardo adulto quale quello di chi non può certo retrocedere ad un’età che non torna, ma che vuole, con ostinazione, esercitare i diritti di un’occhio non sottomesso e mortificato dalla tirannia imbecille del senso comune.”
Robertomaria Siena
“Di M.G. Bornigia ho scritto altre volte per porre in luce un carattere estroso e fiabesco, come se la realtà per lei avesse una quarta dimensione ideale. Ma ciò che stupisce nella Bornigia è la sua audace ripresa d’un cromatismo fauve in cui stravincono i blu, i viola notturni e i gialli."
Michele Biancale
“Gnomi, fate, clown, danzatrici e funamboli, cavalieri e dame dalle sete fruscianti, unicorni, creature alate che appaiono solcare cieli e violare boschi vietati, dimore principesche, tende da circo raffigurano, attraverso il gioco, l’esuberanza dei gesti, l’eccesso delle forme per lo più caricaturali, una realtà, trascritta, “irreale”, una verità magicamente inventata che irretisce, accattivante e insincera.”
Cesare Nissirio
“Un’individualità ben precisa, severa con se stessa, legata a schemi ben determinati, predeterminati anzi. Dai ragazzi di piazza e di periferia, ai cantori piccolissimi delle immense chiese romane, alle marine scavate nella roccia di Enea, M. G. Bornigia è passata alle peripatetiche dei viali solitari, al dramma della femminilità maledetta, alla strada senza più personaggi, con qualche carrozzella soltanto, alle ore proibite. Quindi l’ha riconquistata la rappresentazione: non più realistica, ma teatrale nel senso descrittivo. Balletti, danze esotiche, quinte, “comune”, tutto il mondo del palcoscenico Maria Grazia ha fissato entro tele realizzate senza ripensamenti grafici, tutte “colore” e basta."
Yvon De Begnac
“Se i disegni, le pitture e le sculture di M. G. Bornigia sono di una tanto grande variètà e di una personalità proprio avvincente, occorre anche riconoscere in tutta equità che le opere esposte sono di un'originalità particolare e personale. E noi dobbiamo aggiungere che non avevamo assistito da molto ad un esposizione dove un grande talento originale domina la maggior parte delle opere esposte."
Georges Bruges
“Dove ci sembra che la Bornigia esprima più felicemente la sua propria individualità artistica è nelle sculture - pure esse ispirate alle danze e alle acrobazie – quasi tutte deliziose per sincerità di linea e per estrosità di modellazione."
Onofrio Galdieri
“Maria Grazia Bornigia, pur avendo gli occhi aperti sul mondo attuale dell’arte da Van Gogh a Patisse a De Pisis, ci presenta queste sue belle e vivaci pitture con un piglio tutto personale e deciso. La sua visione è chiaramente definita da un gusto per il colore in superficie sorretto da un’intelligente grafia, così leggera e sottile da rientrare anch’essa nel problema del colore. Una tale visione sorge da un sentimento gioioso e insieme accorato della realtà, che nelle figure più espressive, per esempio “i bimbi del coro” o “il bimbo dell’asilo” non teme di riportarci alle semplici campiture infantili pur di offrirci un pungente e poetico senso del carattere."
Valerio Mariani
“Un tragico mondo in festa è quello che ci appare nelle opere di M.G. Bornigia. E’ il sorriso dei pagliacci da circo con i loro visi infarinati, degli acrobati dai costumi scintillanti, delle venditrici d’amore dalle facce tinte. I personaggi hanno un valore vero e universale. Il loro sorriso è spesso di un mondo senza malizie, non contaminato ancora dalle bassezze della vita."
Toni Bonavita
“M. G. Bornigia sa creare atmosfere pregne di luci artificiali e di colori caldi: gonfi e succosi tripudi di rossi, gialli e viola nella caustica irrequietezza delle figure."
Carlo Marcantonio
“Non è di un’artista il sondarsi continuo con drammatica ansia, chè, legge la propria morte nella stasi, e non è nella sua natura il chiedersi lungo il continuo altalenare sulle sconcertanti contraddizioni quale è la forma più ligia e ubbidiente al suo personale modo di affetti ed effetti?”
Attilio Crespi
“Le difficoltà di rendere in evidenza il dinamismo delle folle di attori indossanti costumi multicolori che si agitano nel breve spazio della pista dei giuochi, sono state superate con naturalezza di azione dalla giovane e sensibile pittrice romana."
Piero Scarpa
“Le prostitute di Maria Grazia Bornigia non sanno di cipria, di coca, di alcool, di marciapiedi grigi nella notte. Le sue prostitute hanno il rimpianto per quanto andò perduto, traspirano la nostalgia per quanto mai sarà loro concesso di vivere. I bimbi di M. G. Bornigia vengono tartti dalla strada: dormono unicamente quando dalla strada non provengono. La strada tiene desti gli umani. Là, i loro occhi si dilatano per i molti terrori e per le molte disillusioni."
Yvon De Begnac
“Il suo dipingere fitto e scenico tiene la cromia a tutta iride, la composizione si articola nello spazio dei suoi teatri e teatrini riuscendo a dare, in una compresenza affascinante, i particolari e l’insieme; segno e colore sono validamente ritmati, a cominciare dal ciclo dell’infanzia, cinque opere che possono essere considerate il biglietto da visita dell’artista e cha la fanno “donna vestita da bambina”, o, se si preferisce, conferiscono alla tenace memoria dell’infanzia vigore e distacco del pittore a metà della vita.”
Marcello Venturoli
“Maria Grazia Bornigia è un’artista laboriosa e appassionata della sua pittura, ma anche se producesse poco (il che non è) basterebbe rimescolare tutte le sue carte (gouaches, disegni, sculture in bronzo e terracotta) per giocare una diversa e vincente partita: sia perché la vitalità di M.G.B. si stagiona senza prender d’acido, sia perché le opere dipinte con convinzione ci guadagnano sempre ad essere vendute tempo dopo, si potrà dire a storicizzarsi; e, (se proprio il suo modo di andar per favola dentro giulivi colori da orchidee boscherecce non è da trans avanguardista, non è neppure da naif), queste artigiane preziosità fuori dalle avanguardie, a mano a mano che gli “ismi” si scontrano e inceneriscono, restano vitali, se ne dica tutto il male possibile.”
Marcello Venturoli
“Colori splendenti, violenti contrasti, poca costruzione, linee non premeditate, ma soggette alle mille forme della sensibilità, … la luce domina implacabile, senza compromessi; è così che M. G. Bornigia ci fa comunicare con un mondo che appartiene solamente a lei e di cui è l’unica a conoscerne le origini. Questo mondo, questo "cosmo" nel quale vive l'artista è bello ed affascinante perché infinitamente complesso. Un equilibrio continuamente instabile regna in questo strano universo donandogli un'abbondanza di vita e di poesia."
Raymond Darvier
“Come Federico Fellini ha fatto sfilare nel suo 81/2, al suono del flauto e del tamburo, tutti i fantasmi della sua giovinezza, Maria Grazia Bornigia presenta una folla di personaggi che nasce a Piazza Navona e sciama con le sue carnevalate fino alla baia di Rio e con i suoi Arlecchini fino alle rive del Neva. Le girandole si annodano e si snodano, e le danzatrici, i trapezzisti, i clowns e le belles de nuit di oggi si mischiano insensibilmente ai giullari e alla Befana dei tempi antichi.”
Anatole Jakovsky
“La conoscenza, per la Bornigia, passa attraverso il filtro necessario della “meraviglia” e da questa non intende distaccarsi. Il punto di vista della “meraviglia” è lo stesso dell’infanzia, un’infanzia ricca di tutti gli accorgimenti di uno sguardo adulto quale quello di chi non può certo retrocedere ad un’età che non torna, ma che vuole, con ostinazione, esercitare i diritti di un’occhio non sottomesso e mortificato dalla tirannia imbecille del senso comune.”
Robertomaria Siena
“Di M.G. Bornigia ho scritto altre volte per porre in luce un carattere estroso e fiabesco, come se la realtà per lei avesse una quarta dimensione ideale. Ma ciò che stupisce nella Bornigia è la sua audace ripresa d’un cromatismo fauve in cui stravincono i blu, i viola notturni e i gialli."
Michele Biancale
“Gnomi, fate, clown, danzatrici e funamboli, cavalieri e dame dalle sete fruscianti, unicorni, creature alate che appaiono solcare cieli e violare boschi vietati, dimore principesche, tende da circo raffigurano, attraverso il gioco, l’esuberanza dei gesti, l’eccesso delle forme per lo più caricaturali, una realtà, trascritta, “irreale”, una verità magicamente inventata che irretisce, accattivante e insincera.”
Cesare Nissirio
“Un’individualità ben precisa, severa con se stessa, legata a schemi ben determinati, predeterminati anzi. Dai ragazzi di piazza e di periferia, ai cantori piccolissimi delle immense chiese romane, alle marine scavate nella roccia di Enea, M. G. Bornigia è passata alle peripatetiche dei viali solitari, al dramma della femminilità maledetta, alla strada senza più personaggi, con qualche carrozzella soltanto, alle ore proibite. Quindi l’ha riconquistata la rappresentazione: non più realistica, ma teatrale nel senso descrittivo. Balletti, danze esotiche, quinte, “comune”, tutto il mondo del palcoscenico Maria Grazia ha fissato entro tele realizzate senza ripensamenti grafici, tutte “colore” e basta."
Yvon De Begnac
“Se i disegni, le pitture e le sculture di M. G. Bornigia sono di una tanto grande variètà e di una personalità proprio avvincente, occorre anche riconoscere in tutta equità che le opere esposte sono di un'originalità particolare e personale. E noi dobbiamo aggiungere che non avevamo assistito da molto ad un esposizione dove un grande talento originale domina la maggior parte delle opere esposte."
Georges Bruges
“Dove ci sembra che la Bornigia esprima più felicemente la sua propria individualità artistica è nelle sculture - pure esse ispirate alle danze e alle acrobazie – quasi tutte deliziose per sincerità di linea e per estrosità di modellazione."
Onofrio Galdieri
“Maria Grazia Bornigia, pur avendo gli occhi aperti sul mondo attuale dell’arte da Van Gogh a Patisse a De Pisis, ci presenta queste sue belle e vivaci pitture con un piglio tutto personale e deciso. La sua visione è chiaramente definita da un gusto per il colore in superficie sorretto da un’intelligente grafia, così leggera e sottile da rientrare anch’essa nel problema del colore. Una tale visione sorge da un sentimento gioioso e insieme accorato della realtà, che nelle figure più espressive, per esempio “i bimbi del coro” o “il bimbo dell’asilo” non teme di riportarci alle semplici campiture infantili pur di offrirci un pungente e poetico senso del carattere."
Valerio Mariani
“Un tragico mondo in festa è quello che ci appare nelle opere di M.G. Bornigia. E’ il sorriso dei pagliacci da circo con i loro visi infarinati, degli acrobati dai costumi scintillanti, delle venditrici d’amore dalle facce tinte. I personaggi hanno un valore vero e universale. Il loro sorriso è spesso di un mondo senza malizie, non contaminato ancora dalle bassezze della vita."
Toni Bonavita
“M. G. Bornigia sa creare atmosfere pregne di luci artificiali e di colori caldi: gonfi e succosi tripudi di rossi, gialli e viola nella caustica irrequietezza delle figure."
Carlo Marcantonio
“Non è di un’artista il sondarsi continuo con drammatica ansia, chè, legge la propria morte nella stasi, e non è nella sua natura il chiedersi lungo il continuo altalenare sulle sconcertanti contraddizioni quale è la forma più ligia e ubbidiente al suo personale modo di affetti ed effetti?”
Attilio Crespi
“Le difficoltà di rendere in evidenza il dinamismo delle folle di attori indossanti costumi multicolori che si agitano nel breve spazio della pista dei giuochi, sono state superate con naturalezza di azione dalla giovane e sensibile pittrice romana."
Piero Scarpa
“Le prostitute di Maria Grazia Bornigia non sanno di cipria, di coca, di alcool, di marciapiedi grigi nella notte. Le sue prostitute hanno il rimpianto per quanto andò perduto, traspirano la nostalgia per quanto mai sarà loro concesso di vivere. I bimbi di M. G. Bornigia vengono tartti dalla strada: dormono unicamente quando dalla strada non provengono. La strada tiene desti gli umani. Là, i loro occhi si dilatano per i molti terrori e per le molte disillusioni."
Yvon De Begnac
“Il suo dipingere fitto e scenico tiene la cromia a tutta iride, la composizione si articola nello spazio dei suoi teatri e teatrini riuscendo a dare, in una compresenza affascinante, i particolari e l’insieme; segno e colore sono validamente ritmati, a cominciare dal ciclo dell’infanzia, cinque opere che possono essere considerate il biglietto da visita dell’artista e cha la fanno “donna vestita da bambina”, o, se si preferisce, conferiscono alla tenace memoria dell’infanzia vigore e distacco del pittore a metà della vita.”
Marcello Venturoli