Nel quadro “L’ultima cena”, del 1977, il sacrificio si rinnova perennemente tra gli uomini ma gli uomini lo ignorano. I giovani no. I giovani riscoprono il Cristo. Anche per questo è un’ultima cena non tradizionale, libera, all’aperto, come un picnic semplice, tra amici. Intorno alla figura ieratica del Cristo, con una colomba sulle spalle e una mano sulla testa di San Giovannino l’apostolo prediletto, gli apostoli, anche quelli, come Paolo successore di Pietro, che in effetti non erano presenti.
Ai suoi piedi la Maddalena vestita di rosso, simbolo dell’amore fervente, peccatrice pentita e assolta. In ginocchio, Filippo, davanti a lui mentre dice: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Dietro, nel raggio di luce, più tenue, opalescente, Maria, eternata nell’attimo della sua giovinezza.
Dietro il Cristo, il “sinite parvulos”, i bambini. Davanti a Pietro con le reti sulle spalle, il gallo della sua momentanea debolezza. A sinistra Tommaso con l’espressione della sua incredulità posteriore.
Sparse intorno, genti di tutte le razze, cinesi, giapponesi, africani, indiani, pellerossi.
Sulle scale centrali, in contrapposizione ala semplicità del Cristo, il fasto del potere temporale dei papi. Due monaci si coprono il viso, una suora di carità si affaccia e guarda timidamente tanto potere, ai piedi della scala una giovinetta in bianco nel raggio di luce, simbolo della perduta purezza primitiva della Chiesa.
A destra i potenti della terra scendono la scala che si snoda dai re contornati da personaggi che il potere crea – gangster, drogati, omosessuali, prostitute – calpestano il bambino steso a terra, simbolo di tutti gli oppressi della terra e quindi perpetuo rinnovarsi del martirio della croce.
Nel fondo, tra gli alberi, piccoli scorci di grattacieli, bagliori di guerra, uomini armati, il saracino a cavallo, il demonio che con un occhio osserva gli apostoli e con l’altro ammicca beffardo verso il potere, angeli tristi che guardano gli uomini, uno solo, sereno, rivolto verso il Maestro. Un piccolo clown osserva, estraneo, l’apoteosi dei potenti.
Ai suoi piedi la Maddalena vestita di rosso, simbolo dell’amore fervente, peccatrice pentita e assolta. In ginocchio, Filippo, davanti a lui mentre dice: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Dietro, nel raggio di luce, più tenue, opalescente, Maria, eternata nell’attimo della sua giovinezza.
Dietro il Cristo, il “sinite parvulos”, i bambini. Davanti a Pietro con le reti sulle spalle, il gallo della sua momentanea debolezza. A sinistra Tommaso con l’espressione della sua incredulità posteriore.
Sparse intorno, genti di tutte le razze, cinesi, giapponesi, africani, indiani, pellerossi.
Sulle scale centrali, in contrapposizione ala semplicità del Cristo, il fasto del potere temporale dei papi. Due monaci si coprono il viso, una suora di carità si affaccia e guarda timidamente tanto potere, ai piedi della scala una giovinetta in bianco nel raggio di luce, simbolo della perduta purezza primitiva della Chiesa.
A destra i potenti della terra scendono la scala che si snoda dai re contornati da personaggi che il potere crea – gangster, drogati, omosessuali, prostitute – calpestano il bambino steso a terra, simbolo di tutti gli oppressi della terra e quindi perpetuo rinnovarsi del martirio della croce.
Nel fondo, tra gli alberi, piccoli scorci di grattacieli, bagliori di guerra, uomini armati, il saracino a cavallo, il demonio che con un occhio osserva gli apostoli e con l’altro ammicca beffardo verso il potere, angeli tristi che guardano gli uomini, uno solo, sereno, rivolto verso il Maestro. Un piccolo clown osserva, estraneo, l’apoteosi dei potenti.