L’ORGIA DEL POTERE

Nel quadro “L’orgia del potere”, del 1977, il potere scatena intorno alla verità, libertà, giustizia, bianca figura inginocchiata che si copre il viso, una orgiastica danza annunciatrice di morte. Ci sono tutti i protagonisti del ’78 e qualche teorizzatore antesignano.
Il semianalfabeta Idi Amin, dottore honoris causa dell’università di Kampala, Breznev, Mosé Dyan, Leone in vesti di Pulcinella, donna Vittoria in uno scatenato cancan, Carter in divisa da boyscout, lo Scià non ancora ex, Andreotti, Moro, Berlinguer, Almirante, Fanfani, una Sofia di Grecia prima maniera allora strumento di una madre assetata di potere, Geddafi, Kissinger, un Agnelli in tenuta da capitano, Tito e consorte, Willy Brandt, l’imperatore del Giappone, Sadat, Arafat, Hussein di Giordania, Indira Gandi, Fidel Castro, Pinochet, Faad dell’Arabia Saudita, Mao, Stalin, Hitler.
Un diavolo osserva felice il ballo che gli appartiene. Si affaccia tra gli alberi l’astro sorgente Craxi, mentre seminascosto si stropiccia le mani Paul Getty, potere del denaro accanto alla politica. Sulle scale una Jacqueline Kennedy Onassis inarrestabile arrampicatrice sociale a grandi livelli, un re di Svezia simile a un fantoccio, una Sofia Loren onnipresente, e, in trono, il massimo negativo del potere, un Bokassa luccicante di ori, con accanto l’erede designato, il figlio. Sugli alberi, distaccata statua di cera, Elisabetta II, coscienziosa travet di una anacronistica monarchia.
A sinistra, in posa di abbandono in compagnia del suo unico compagno, il cane, il fallito vicino al divo della canzone e alla prostituta di lusso, due arrivati socialmente. A destra una prostituta molto meno sofisticata guarda verso il gruppo di giovani, ancora puri, sui quali già gravitano però i superpoteri, orrendi mostri in agguato. Dietro di loro, drogati, indiani metropolitani, strane sette fanatiche, paparazzi, cineasti.
Sugli alberi, tra i rami, gli artisti vivono in una loro dimensione, distaccati dal mondo, mentre il prodotto strumentalizzato di un’altra arte, il cinema, mostra due figurazioni, una Rita Haiworth nello splendore di Gilda e nello sfacelo dell’alcolizzata, l’aspetto più sconvolgente di un potere senza scrupoli.
Nel fondo l’omino col bastone, il piccolo Charlot del “ciclo della vita”, è ormai lontano dalla scena, mentre a sinistra, nel bosco, l’ultimo clown, bicicletta a spalle, s’avvia a scomparire per sempre. Nella boscaglia, tra i rami, gente armata in agguato.
Su tutti, nel raggio di luce, la speranza della primavera cavalca una zebra con le ali, mentre in terra ciò che rimane della virtù, avanza timidamente, in abiti bianchi, verso l’umanità che l’ignora.